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The Odor of Box in the Heat: Lament on Containment and Capture by Linn Phyllis Seeger curated by Ilaria Sponda @ LAVAPIU. Exhibition views from LAVAPIU, Teramo 2024 © Celeste.

Il lamento della rete

Scritto da Ilaria Sponda in occasione della mostra The Odor of Box in the Heat: Lament on Containment and Capture di Linn Phyllis Seeger

“Nella fase finale della sua ‘liberazione’ ed emancipazione attraverso le reti, gli schermi e le tecnologie, l’individuo moderno diventa un soggetto frattale, allo stesso tempo suddivisibile all’infinito e indivisibile, chiuso su se stesso e condannato a un’identità senza fine (1)”.

Jean Baudrillard

La contraddizione della rete risiede nella sua stessa natura: interconnette soggetti e cose pur isolandoli nello spazio fisico. “Rete” è una parola legata al concetto di cura e sostegno, sia nella vita reale che online. Non ci sono molti discorsi pubblici sulle reti positive di cura al giorno d’oggi nella nostra cultura occidentale, mentre cresce il cinismo nei confronti dell’amore. «Il cinismo è la grande maschera della delusione e del cuore tradito», per citare l’attivista e scrittrice bell hooks. Le reti costruiscono piattaforme, che oggi sono altrettanto morte se consideriamo l’alto tasso di ghosting e il divario generato piuttosto che la connessione. Il teorico olandese Geert Lovink afferma: «Tutto ciò che possiamo fare nelle attuali architetture dei social media è trasmettere notizie». Ma al di fuori dei social media, le comunità non si limitano a generare notizie. Identità infinite, racchiuse nella rete, racchiuse nel sé, testimoni di un mondo infinito consumabile da una camera da letto a quattro pareti e dalla sua intimità.

Per Linn Phyllis Seeger, l’intimità è una forma di valuta nell’odierno capitalismo comunicativo. L’opera audiovisiva The Odor of Box in the Heat: Lament on Containment and Capture (L’odore di una scatola nel calore: lamento sul contenimento e sulla cattura) riflette sui modi in cui la tecnologia del capitalismo comunicativo produce futuri morbosi e inquietanti.

Considerando l’interconnessione tra l’interno protetto da password del proprio dispositivo mobile, l’intimità domestica e sessualizzata della propria camera da letto e gli ambienti criptati ad alta sicurezza delle attuali ed ex architetture-fortezza urbane, questi futuri vengono intesi non come spazi generativi che si aprono e si dispiegano linearmente, ma come interni chiusi e labirintici. Il tempo è una scappatoia che si muove a spirale, proprio come il bucato in questa lavanderia a gettoni remota nel mezzo della periferia italiana.

L’opera è ambientata nella nuvola informatica – nel Cloud (2) – che qui si manifesta come la camera da letto dell’artista renderizzata in 3D e una generica cripta. Dall’associazione dei due elementi nascono interpretazioni morbose: la camera da letto è uno spazio privato per eccellenza, un luogo di culto personale, ma anche una sorta di sepoltura – uno spazio inscatolato, dove ogni oggetto racchiude una storia. Nella stanza renderizzata, però, non ci sono oggetti. Invece, dalla camera da letto sembrano emergere varie scene non collegate tra loro: una clip rilasciata dal Pentagono nel 2020, che mostra due piloti della marina che inseguono (presumibilmente) un UFO; varie cripte e spazi criptici in siti e città europee e statunitensi; filmati intimi girati con l’iPhone di una persona in una spiaggia anonima, e un’altra che balla in una stanza semibuia. La camera da letto è una cassa, una scatola, una gabbia di visioni vaganti che appaiono senza un apparente senso di coesione. È la camera da letto di tutti, accessibile dai dispositivi personali in questo spazio semi-pubblico.

Nel corso della sua ricerca artistica, Seeger ha adottato una metodologia basata sull’iPhone per esplorare le modalità contemporanee di intimità rese possibili dalla comunicazione digitale. «I social network e gli spazi urbani sono i luoghi in cui il mio lavoro è radicato, entrambi visti come fluidamente interconnessi piuttosto che come due mondi separati», afferma l’artista, confermando la tesi di Lovink sull’invisibilità di Internet e quindi la sua intrinsecità con la routine e la struttura di oggi. Eppure, i due amanti in 3D sdraiati sul letto, tendenti a un’immagine astratta, non esprimono alcuna emozione o energia, mentre vengono prosciugati dal Cloud e dalle macchine che li hanno prodotti.

«L’intimità è utilizzata, giocata come strumento di potere, dove la fiducia è un bene fabbricato fatto di contenuti relazionabili e di DM che si autoestinguono. In una certa misura, la tecnologia delle comunicazioni è sempre stata un mezzo per colmare le distanze fisiche e ha facilitato l’intimità attraverso la circolazione di informazioni e messaggi privati attraverso le geografie, fin dall’installazione delle linee telegrafiche (3)».

Questo tipo di intimità distorta è ulteriormente accentuata dalla voce fuori campo ovattata che scorre per tutto il video, che è un estratto della filastrocca Mary had a little lamb. Nel 1877, Thomas Edison ha testato il suo fonografo appena inventato recitando la prima strofa di questa filastrocca, che è una delle prime righe di parlato che siano mai state registrate e riprodotte. Una ninna nanna inquietante, ma rassicurante, che articola il tempo che passa: un lamento della rete, così attiva, ma così anonima.

  1. J. Baudrillard, Impossible Exchange, trad. it. mia, Verso, London, 2015, p. 64.
  2. Il cloud è una metafora per una rete globale di server remoti che opera come un unico ecosistema, normalmente associato a Internet
  3. L. P. Seeger, Intervista dell’autrice. Ultimo accesso 23 dicembre, 2023. https://www.coeval-magazine.com/coeval/linn-phyllis-seeger.

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