How I Met Your Laundry: dodici interventi performativi e una festa
Descrizioni degli interventi performativi della rassegna How I Met Your Laundry – dodici interventi performativi e una festa in ordine di apparizione. Testi di proprietà degli artisti.
How I Met Your Laundry prende il nome da una serie televisiva di successo e prevede il succedersi a ritmo serrato di brevi performance della durata massima di 15’ presentate dagli studenti dell’Accademia di Belle Arti de L’Aquila: Mara Albani, Margherita Callà, Francesca Chiola, Sara Dias, Satya Forte, Sabrina Iezzi, Davide Mariani, Andrea Marinucci in collaborazione con Lorenzo Mazzaufo, Francesca Perniola, Susanna Sforza, Luigi Vetuschi. All’interno della maratona performativa si inseriranno due talk condotti rispettivamente dal filosofo Daniele Poccia e dalla critica d’arte Amalia Temperini. Ideato e curato da Maurizio Coccia in collaborazione con Celeste. Prodotto da Sunistema APS in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti de L’Aquila (Direttore Marco Brandizzi). Progetto realizzato con il patrocinio e la collaborazione del Comune di Teramo e con il contributo della Provincia di Teramo.
Mara Albani, Sabrina Iezzi, Orazio Flacco, Odi, Libro I, Carme 5. Le due performer, in piedi l’una di fronte all’altra, avviano un dialogo sull’amore non corrisposto. L’abito, indossato e poi offerto, evoca il dono di sé, l’apertura verso l’Altro che l’essere madre impone. L’amore materno è un’azione asimmetrica e priva di reciprocità, che incontra la dimensione irreversibile della perdita, che offre ospitalità senza proprietà, e si dona senza possibilità di reintegrarsi; l’amato, infatti, non ha nessun dovere nei confronti dell’amore, nessun debito. L’abito donato, così, rimanda al corpo-involucro della madre, simbolo del suo sacrificio che, attraverso la rivisitazione dei versi di Orazio Flacco diviene un ex-voto, ringraziamento della madre per essere sopravvissuta alla tempesta del proprio amore.
Sara Dias, Ciao come stai? Allora volevo dirti un po’, capisco bene ma volevo dirti, non sto qui a dilungarmi. Ma va bene così. L’artista si muove all’interno dello spazio strofinando il proprio corpo sulle superfici interne della lavanderia. Ne deriva un’interazione senso-motoria involontariamente sensuale. L’azione riformula lo spazio condiviso della lavanderia mettendo in scena ciò che solitamente è considerato scabroso o troppo intimo per essere mostrato con disinvoltura, ossia il prurito e il suo conseguente appagamento. La lavanderia, che già di per sé è un compromesso tra spazio pubblico e sfera privata, diventa il pretesto per ragionare su come un corpo possa relazionarsi con un contesto ibrido, che tende da un lato a legittimare le azioni individuali e dall’altro a promuovere forme comunitarie definite da nette regole sociali. L’intimità viene consegnata all’esterno, esponendo a nuove forme di fragilità e di interazione con l’Altro da sé.
Francesca Perniola, Apiretica Eupnoica. L’azione indaga il legame tra il corpo femminile e la diade eros/paura. In questo caso la lavanderia diventa scenario di un cambiamento di stato in cui la procedura sanitaria di svestizione messa in atto dall’artista si carica di valenza erotica mediane la lettura di Vieni, entra e coglimi, testo della poetessa Patrizia Valduga. L’eros, qui inteso come tensione verso l’unione tra l’Io e il mondo, con la conseguente perdita di sé, si contrappone alla paura, intesa invece come cristallizzante dell’auto-conservazione. Il corpo dell’artista, infine, luogo d’incontro tra i due poli, si fa ora spazio di autodeterminazione che esige ed opera una scelta. Il corpo femminile si offre al mondo, pronto a lasciarsi contaminare da esso.
Talk by Amalia Temperini. Coming soon…
Margherita Callà, La scelta di una via più sicura. Il corpo stesso dell’artista inscena una scalata simbolica sulla vetrina della lavanderia, utilizzando saponette come punti di appoggio. Il contrasto generato tra la stabilità delle prese e la precarietà delle saponette detta il ritmo dell’azione generando tracce visive sulla superficie della vetrina. A residuare, le tracce del “fallimento”, di quella “fatica inutile” che non è condanna ma essenza stessa del percorso. Perché nemmeno Sisifo faceva sforzi inutili.
Francesca Chiola, Dal finestrino non guardo mai fisso un pianeta. Una performance canora in cui l’artista entra in relazione con lo spazio e il pubblico attraverso l’improvvisazione e il canto. L’azione è un invito a dismettere le proprie maschere e a mettersi in gioco attraverso una pura ed esemplare offerta di sé. La voce, elemento sia fisico che emotivo, viene utilizzata dall’artista per ridefinire lo spazio della lavanderia, tramutandolo in un palcoscenico dinamico dove esplorare e condividere la parte più spontanea di sé.
Andrea Marinucci in collaborazione con Lorenzo Mazzaufo, Percussione cruda di un ricordo cotto / Ripercussione #1, 10’ circa. Uno scambio di suggestioni tra l’artista e il batterista Lorenzo Mazzaufo diventa la partitura di una performance sonora che coinvolge il pubblico nella creazione di un ricordo condiviso. Due sculture in galestro, una cotta in rosso e l’altra cruda in verde, vengono indossate dall’artista, generando all’interno della lavanderia un’inedita ibridazione di corpo-strumento musicale. La serie di ritmi, battiti e pulsazioni generate dal batterista attraverso la percussione della scultura rossa, si converte nelle mani dell’artista in una nuova sequenza di movimenti e colpi impressi nella memoria della scultura in verde. Dalla testa alle mani dell’artista la memoria si traduce in un’esperienza plastica.
Luigi Vetuschi, Caccia al Tramonto. L’installazione immerge il pubblico nella dimensione condivisa di un rito cameratesco. La “tromba” del motore di una Nissan 350Z ridisegna sonoramente il Passo delle Campanelle, tragitto che collega Teramo a L’Aquila, in quello che per l’artista e i suoi amici si configura come una vera e propria Caccia al Tramonto. All’arrivo a L’Aquila, infatti, è possibile riconquistare la vista del sole già celata dalle montagne durante la partenza da Teramo. Attraverso la traccia audio e video, l’artista restituisce alla sua città non il tramonto perduto, bensì la calda atmosfera e l’energia cinetica dell’esperienza cameratesca.
Talk by Daniele Poccia. Coming soon…
Davide Mariani, Waiting face a washing machine, 12’. L’artista, accovacciato di fronte ad una delle asciugatrici, legge un estratto della propria corrispondenza mail scambiata con l’ADSU (Azienda del Diritto agli Studi Universitari – L’Aquila), mettendo in scena un dialogo “ossessivo” privo di un interlocutore tangibile. La lavanderia è qui intesa come spazio pubblico dove praticare e condividere l’attesa. Diaframma spazio-temporale, l’attesa, pone l’individuo in una condizione di sospensione tesa, di immobilità palpitante. Attraverso un confronto per giustapposizione, l’artista utilizza l’attesa di un ciclo di asciugatrice per raccontare di un’attesa “altra”. L’azione diventa una litania catartica mediante la quale, però, giungere a uno stato di calma apparente: la promessa di panni caldi e asciutti, rimando ad una casa e una città entro cui sentirsi finalmente accolti.
Satya Forte, Susanna Sforza, Per ogni tua parola indigesta. L’abito-tovaglia fonde i corpi delle due artiste, limitandone la spinta individualistica e generando al contempo uno spazio di condivisione. Ad essere condivisa, insieme al cibo riscaldato all’interno di una delle asciugatrici, è l’esperienza stessa del nutrimento reciproco. Però, l’unione tra l’Io e L’Altro non è totale, lascia un residuo non assimilabile poiché porta alla luce un rapporto di co-dipendenza tra l’Io e l’Altro nel gesto di riconoscimento dell’identità personale. L’azione termina con un corteo capeggiato dalle due performer che condurranno il pubblico verso il parco adiacente dove l’esperienza di condivisione verrà estesa a tutti i presenti chiudendo l’evento con un momento conviviale.